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Il cambiamento secondo bersani


Il cambiamento per Bersani ? l'INCIUCIO!

Il cambiamento per Bersani ? l’INCIUCIO!

Il simbolo della vecchia politicaglia, espressione dell’apparato partitico, pretendeva i voti del M5S per formare il governo. Le ha tentate tutte, farfugliando di voler fare un “governo del cambiamento”, e poi candidando alle presidenze di camera e senato la boldrini e grasso. Lo specchietto per le allodole tipico del politicante di lunga degenza che non appena ha avuto la possibilità di cambiare rotta per davvero rispetto al passato e soprattutto al mega inciucio degli ultimi 20 anni ha mostrato la sua vera natura. Dopo aver proposto, per la presidenza della repubblica, i nomi, impresentabili per ragioni varie, di amato, della finocchiaro, di violante ecco spuntare quella che lui aveva osato definire una “gran sorpresa”: marini! In effetti, se si fosse trattato di valeria marini, si sarebbe rivelata per davvero una sorpresa, ma parlare di gran sorpresa per franco marini, colui che è entrato nelle stanze dei bottoni per volontà di andreotti, è davvero lo specchio dell’uomo e del politico bersani. Adesso, forse, anche i più fessi, coloro che si erano fatti impapocchiare dal perdente bersani chiedendo ad alta voce che il M5S lo appoggiasse per un governo, capisce il perché il M5S ha rispedito al mittente la pretesa. Bersani è semplicemente il vecchio che avanza, la continuazione di quell’inciucio degli ultimi vent’anni che ha affossato il nostro stato. Quell’uomo miserabile si è rinchiuso in uno stanzino con il macho man di arcore e si è fatto dettare il nome da colui che cerca soltanto la tutela dai processi che lo rincorrono! Poi il lìder pd ha avuto il coraggio ma soprattutto la faccia di culo di sbandierarlo come la gran sorpresa. Poi si è giustificato davanti ai suoi asserendo, sempre con quella gran faccia da culo che si ritrova, che marini era il nome più condiviso! Ma condiviso da chi? Dal macho man di arcore e dal banchiere della merkel? Come se il 25% elettorale del M5S non avesse alcun valore per questi parassiti di stato. Perché si ritiene condiviso un nome voluto dal partito dei delinquenti e non quello voluto dai giovani del M5S? Semplicemente perché è stata l’ennesima scelta di campo fallimentare di bersani, il quale ha preferito proseguire nell’inciucio, anziché aprire al cambiamento. E soltanto per portare avanti il proprio ostinato tentativo di essere eletto presidente del consiglio. A questo punto, bersani si è smascherato e non soltanto come politico perdente e vecchio, ma anche e soprattutto come uomo! Fino ad oggi, molti hanno sempre pensato che tutto sommato, anche se politico sfigato, bersani fosse quantomeno una brava persona. Adesso tutti costoro dovranno ricredersi:  bersani è soltanto un pover’uomo aggrappato alla poltrona che ha partecipato negli ultimi vent’anni, al pari dei proni del partito dei delinquenti, allo sfascio del nostro paese. Adesso si faccia anche il governissimo e non si nasconda più, come ha fatto fino ad oggi, da vero vigliacco, dietro la sbandierata irresponsabilità del M5S. La scelta è fatta, ma è una scelta di chiusura al cambiamento che non potrà e non dovrà non avere conseguenze!

Il nuovo tormento piddino


Pierluigi Bersani

Il “democratico”

Il paese chiede il cambiamento, ma il brav’uomo bersani è talmente attaccato alle vecchie concezioni del potere, che non riesce a comprenderlo. Da un lato cerca di mostrarsi aperto al nuovo, ma solo allo scopo di fare scouting biascicando di rinnovamento della politica, dall’altro tira fuori nuovi tormenti nel tentativo, in verità piuttosto ridicolo ed imbarazzante, di stanare a tutti i costi il M5S. L’ultima del pd è la necessità di discutere la democraticità interna dei partiti. Così ha tuonato il brav’uomo: “Se si parla di ridurre i costi della politica, a Grillo dico siamo pronti, ma tu sei pronto a discutere di trasparenza, codici etici e a fare una legge sui partiti?“. Nel democratizzare i partiti, ovviamente, non c’è nulla di male, per carità. Ma ciò che dimostra la malafede piddina sono il momento e il modo di porre il problema. Sono quarant’anni che i parlamentari avrebbero dovuto promulgare una legge che regolamentasse la vita interna dei partiti e non lo hanno mai fatto, inclusa la parte politica che oggi rappresenta il brav’uomo. Perché la tirano fuori oggi? Ma soprattutto non si comprende quale sarebbe la relazione tra il taglio ai costi della politica, ormai improcrastinabile, e la necessità di democraticizzare i partiti. Bastano questi semplici dubbi per comprendere i motivi per cui il brav’uomo non può pretendere la fiducia del M5S. Questa uscita sa di strategia politica di vecchio stampo: spingere il M5S a dire no alla sua proposta, per poi traslare su di loro le responsabilità per il mancato accordo. Peccato, però, che ormai queste furberie da vecchi mestieranti non attecchiscono più presso la gran parte della popolazione. La prima esigenza che si avverte tra gli elettori è di intervenire sulle istituzioni, per modificarle e renderle finalmente sobrie e non più staccate dalla realtà. Si tratta di una pretesa non soltanto legittima, ma che non ammette discussione di sorta né contropartite tecniche. Pertanto, collegare un improcrastinabile intervento sui costi della politica alla presunta necessità di fare una legge sui partiti è un modo vecchio di agire che non porterà da nessuna parte e soprattutto si ritorcerà contro queste facce da culo, che tentano in ogni modo di screditare il nuovo che avanza. Di questa gentaglia non ci si può fidare: sono da tempo immemore in parlamento e non hanno mai fatto la legge sul conflitto di interesse, anche quando hanno governato, non hanno mai tagliato i costi della politica, anche quando hanno avuto la maggioranza, non hanno mai stanato la corruzione! Perché adesso dovrebbero farlo? L’unica azione di buon senso che potrebbe fare il brav’uomo è ritirarsi a vita privata, lasciando spazio a qualcuno coerente e slegato dalle vecchie logiche del politichese che oggi non incantano più nessuno!

Il populismo

17 aprile 2012 1 commento

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gesto populista...ovvero che interpreta perfettamente il pensiero del popolo

Sempre più spesso, ma soprattutto sempre più a sproposito, i politicanti itagliani utilizzano il termine populismo per attaccare chi è contro. Ma ciò che dovrebbe destare maggior scalpore è che ad utilizzarlo sono soprattutto i rappresentanti della “sinistra”, ossia di quei partiti che, almeno nelle radici, dovrebbero rappresentare proprio gli interessi delle classi popolari. Proprio ieri il governatore vendola, la cui giunta è stata colpita da numerosi scandali, ha attaccato grillo, definendolo un “populista inquetante”. E sempre in questi ultimi giorni il vocabolo è stato utilizzato dal politico dalle maniche rimboccate bersani, che, non volendo sentire storie sul taglio all’illecito finanziamento pubblico ai partiti, ha gridato: “Basta col populismo”. Eppure, populismo non dovrebbe essere una brutta parola. Se si legge il vocabolario, si scopre che il termine populismo non indica nulla di così “peccaminoso”, da meritare un uso tanto dispregiativo da parte dei politicanti nostrani. Nel dizionario della lingua italiana di Coletti, che troviamo su corriere.it, si legge:

Atteggiamento o movimento politico tendente a esaltare il ruolo e i valori delle classi popolari;

– oppure, movimento rivoluzionario russo della fine del sec. XIX, che propugnava l’emancipazione delle classi contadine e dei servi della gleba attraverso la realizzazione di una sorta di socialismo rurale.

Insomma, il populismo, almeno per coloro che si definiscono di sinistra, dovrebbe rappresentare un’ideale da realizzare: l’emancipazione sociale delle classi popolari. Invece no, per i politicanti sinistroidi, sempre più radical chic, populismo va utilizzato per additare e screditare l’avversario, trasformando il nobile originario significato in qualcosa di spregiativo, come riportato sempre nel dizionario citato:

– atteggiamento demagogico volto ad assecondare le aspettative del popolo, indipendentemente da ogni valutazione del loro contenuto, della loro opportunità.

Insomma, il populismo di coloro che, senza avere idee, cavalcano il malcontento popolare per acquisisre potere. Tuttavia, più questi politicanti, sedicenti di sinistra, attaccano i loro avversari usando spregiativamente termini nobili, più mostrano di non avere argomenti validi da portare all’elettorato. Pertanto, messi all’angolo dall’emersione delle loro malefatte o inettitudine, di fronte ad iniziative di “rottura” del sistema prese da giovani lontani dalla militanza partitica, si vedono costretti a difendere la propria casta, vestendo le novità di “demagogia” o, in senso spregiativo, di “populismo”. Insomma, questi politicanti ormai sputtanati da anni di militanza nelle istituzioni, quasi si trattasse di un posto fisso, cercano ogni volta di ristrutturarsi agli occhi della popolazione come portatori di idee nuove e realizzabili, contro chi, attaccando la classe dirigente che ci ha governato negli ultimi 30 anni, costituita sempre dalle stesse facce di bronzo, viene tacciato di demagogo o populista. La verità è che il popolo italiano ne ha le palle piene di questi signori, che non soltanto ci hanno inabissato nell’alveo di una crisi economica senza precedenti, ma continuano impunemente a mantenere i privilegi che si sono autodistribuiti, anche andando contro la volontà espressa, plebiscitariamente, dalla popolazione, quando ha deciso, con un referendum, di abolire il finanziamento pubblico ai partiti. Allora, che continuassero pure ad offendere chi è contro il loro sistema definendolo populista, in senso spregiativo, perché in questo modo non fanno altro che far aumentare il numero di coloro che nel tempo stanno aderendo al partito dell’antipolitica! Io lo sono populista, e soprattutto ne sono orgoglioso, perché, a differenza di questi balordi autoreferenziali, voglio una società migliore, fondata sulla eguaglianza, così come scritto nella Carta Costituzionale. Ma il miglioramento non può prescindere dalla emancipazione delle classi popolari, che tanto dispezzo suscita nei politicanti itagliani, soprattutto di sinistra.

L’arroganza della casta

10 settembre 2010 5 commenti

Raffaele Bonanni - segretario nazionale CISL

Raffaele Bonanni

Squadrista sarà lei Esimio Signor Bersani, antidemocratico sarà lei Pregiatissimo Signor Letta. In quali modi dovrebbero mostrare il proprio dissenso coloro ai quali non viene data voce? Possibile che siete in grado di alzare la voce soltanto contro i cittadini che protestano, anziché verso il regime che occupa le istituzioni? La verità è che qualcosa sta cambiando e voi lo sapete, per questo motivo vi chiudete a riccio difendendo, dietro la maschera di una inesistente democrazia, gli uomini del sistema, di qualunque colore essi siano. Prima le pluricontestazioni al pregiudicato per mafia, poi alla seconda carica dello stato e adesso ad uno pseudo-sindacalista. La contestazione a Bonanni è ancor più rilevante di quelle precedenti, in primis perché dimostra che non si tratta di predeterminazione faziosa, ma soprattutto perché intende spezzare, con l’unico strumento civile a disposizione delle minoranze, un sistema di potere arrogante. Come si può pretendere di non fischiare e contestare chi si definisce sindacalista, ma anziché difendere i lavoratori va a braccetto con confindustria? Allora se Bonanni è davvero un sindacalista il sindacato non serve più, basta confindustria a cambiare le regole senza dover mettere su il teatrino del confronto inesistente. Leggi tutto…