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La verità


Giorgio Napolitano

Giorgio Napolitano – fatelo telefonare in pace (©foto di Adamo Di Loreto)

“Si sta lavorando e si deve lavorare senza sosta e senza remore per la rivelazione e sanzione di errori ed infamie che hanno inquinato la ricostruzione della strage di via D’Amelio. Si deve giungere alla definizione dell’autentica verità su quell’orribile crimine che costò la vita a un grande magistrato protagonista con Giovanni Falcone di svolte decisive per la lotta contro la mafia”, queste le parole di napolitano per la commemorazione della strage di Via d’Amelio. Ma quale verità? Quella degli altri? Eppure proprio napolitano ha sollevato il conflitto di attribuzioni contro la procura di palermo per l’utilizzo di intercettazioni nelle indagini sulla ormai nota trattativa tra stato e mafia. Una indagine che vede coinvolto, tra gli altri, l’ex ministro dell’interno in carica all’epoca, mancino, che si rivolgeva al quirinale (parlando al telefono con il consigliere giuridico di addormentato napolitano e con lo stesso napolitano in un momento di dormiveglia) per sollecitare attenzione al suo caso. Il presidente della repubblicva di fronte all’intenzione della Procura palermitana di mantenere agli atti del procedimento anche le intercettazioni che interessano le utenze del quirinale, ha sollevato davanti la Corte Costituzionale il conflitto di attribuzione perché le intercettazioni telefoniche che coinvolgono, anche indirettamente, il capo dello stato sono ”assolutamente vietate”, comportano ”lesione delle prerogative costituzionali del presidente della repubblica” e comunque non possono rimanere in atti processuali. Ma allora, di quale verità parla napolitano? La verità parziale di coloro, i politici, che cercano di nascondere le loro malefatte dietro l’arresto della manovalanza di cosa nostra? Il buon napolitano, da buon politichetto di vecchia data, si sveglia soltanto quando si stratta di difendere i propri interessi. La verità, agendo in questo modo, sarà una mera verità giuridica, quindi una mezza verità, perché basata soltanto su ciò che processualmente può essere utilizzato e ciò che non può essere utilizzato dai giudici! E’ vergognoso che il capo di uno stato demolito dalla mafia impedisca a chi di dovere di estirpare tale cancro. Ma i nostri governanti sono da sempre conniventi, nonostante le affermazioni di facciata! Tutti uguali, tutti! Ma anche per lui verrà il momento di abbandonare quella soffice poltrona, perché laddove non arriva l’uomo, ci pensa la natura! E un giorno la Verità verrà finalmente alla luce, e solo quella sarà Verità!

Una (seconda) repubblica fondata sulla mafia.

23 novembre 2010 Lascia un commento

MafiaL’Italia è ormai una repubblica democratica fondata sulla criminalità organizzata. Partiamo dal vertice della piramide: la Corte di Cassazione ha riconosciuto provati i rapporti di Andreotti con Cosa Nostra, pur avendolo poi assolto per prescrizione. Più recente è la condanna, anche in secondo grado, di Dell’Utri, il cantore dell’eroe Mangano, per concorso esterno in associazione mafiosa. E poi, Cuffaro, noto per aver festeggiato con i cannoli la condanna per aver favoreggiato la mafia. Il Parlamento è, o è stato, ricco di personaggi indagati per rapporti con associazioni mafiose: Firrarello, Floresta, Gentile, Di Girolamo, Cosentino, per citarne qualcuno. Scendendo lungo la piramide, ritroviamo poi tutti i comuni sciolti per mafia, tutti gli appalti vinti dalle associazioni criminali, tutti gli imprenditori taglieggiati, la gestione dei rifiuti, il voto di scambio etc. In poche parole, ogni aspetto della vita pubblica, dalla politica all’iniziativa economica privata, fa i conti con il fenomeno mafioso, che è ben radicato nel nostro territorio, dal sud al nord. Essendosi il fenomeno sviluppato gradualmente nel corso del tempo, è inevitabile che all’ultimo stadio della crescita abbia inteso insediarsi nelle istituzioni, controllando, direttamente o indirettamente, la vita di un intero stato. Già Falcone aveva intuito l’esistenza del “terzo” livello, che trova sempre più conferma con le indagini sul cd. patto stato-mafia successivo alle stragi, allorquando Cosa Nostra ha definitivamente messo le proprie mani sulla cosa pubblica. La mafia consiste nella volontà di piegare l’interesse pubblico a quello proprio o della propria “famiglia” in senso lato, utilizzando la prepotenza per affermare il proprio predominio a discapito della collettività. La mafia, quindi, è divenuta ormai una mentalità, un modo d’essere della società nella quale viviamo. Basta riflettere a tutto ciò che accade intorno, in un contesto fossilizzatosi sul concetto tipicamente mafioso di “famiglia” in senso lato, ossia di appartenenza ad una cricca che ha come obbiettivo quello di fare l’interesse proprio o delle “proprie” persone, anche mediante l’uso della prepotenza. La “raccomandazione” cos’è se non il voler favorire una persona della propria cerchia a danno del più meritevole? La corruzione in cosa consiste se non nel piegare a proprio vantaggio un sistema mediante l’uso del denaro? Sporcare una strada gettandovi una carta che a casa propria si butta nel cestino dei rifiuti cos’è se non disprezzo per il bene collettivo? Utilizzare la corsia preferenziale per saltare il traffico non è un modo prepotente di imporre il proprio interesse a quello della collettività? Stanziare fondi pubblici alle scuole private, mentre le scuole pubbliche cadono a pezzi, non è una “imposizione” di un potere forte in cambio dell’appoggio elettorale? Questo è diventato il nostro stato: una grande cricca di furbetti del quartierino, che, facendo leva sulla condotta omertosa di chi si adegua perché “così funziona”, ha fatto della cosa pubblica uno strumento di tornaconto personale. Oggi, la mafia non uccide più come in passato, perché non ne ha bisogno: è talmente penetrata nella mentalità di ogni singolo da trovarsi la strada spianata! E’ così addentro alle istituzioni che per eliminare una persona scomoda non necessita più del ricorso alle bombe, essendo sufficiente, e meno eclatante, un provvedimento amministrativo di trasferimento del magistrato scomodo. Quindi, gli arresti “ad orologio” di cui si vanta il ministro leghista con il manganello pronto (solo ovviamente per i deboli), non risolvono un bel niente, perché la guerra la si vince modificando radicalmente una mentalità che, anche per colpa grave dei politici al potere, si è diffusamente insinuata ad ogni livello della piramide statuale. Il primo passo, conseguentemente, è il rinnovamento di una classe dirigente ormai collusa, anche solo per mera mentalità omertosa, con un sistema mafioso che ha raggiunto il suo scopo: colonizzare un intero stato, piegandolo alla propria volontà, alla volontà della “famiglia”. La vera svolta democratica, allora, presuppone un rivolgimento dell’intero sistema, che smuova le coscienze di coloro che si sono assuefatti ad un modo di vivere che non può essere più tollerato, il quale poggi le proprie fondamenta non più sul concetto individualistico di “famiglia”, ma su quello di “collettività”.