Archivio

Posts Tagged ‘crisi’

I predicatori


L’italia è un paese in forte declino, che non è mai cresciuto, se non con il boom del dopoguerra per volere degli americani. L’italia è il pese del nepotismo e delle raccomandazioni, dove il merito è un “emerito” sconosciuto. E il washington post se n’è accorto con un articoletto tanto scontato quanto retorico (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/02/washington-post-nepotismo-e-crisi-di-produttivita-minacciano-futuro-dell%E2%80%99italia/281323/). Del resto, che gli americani vogliano dare lezioni di democrazia e di capacità economica è un ritornello talmente ovvio, che nemmeno varrebbe la pena di scomodarsi a prenderli in considerazione. Il washington post, insieme ad obama, dovrebbe ricordare che tutto è iniziato con lehman brothers; che la più grande crisi economica precedente quella attuale, se escludiamo le guerre mondiali, è stata quella del ’29, localizzata, guarda caso, sempre negli stati uniti. Quindi, che proprio gli americani vengano a darci lezioni sulla crisi economica, da loro creata, è davvero intollerabile. Così come è difficile digerire la predica che viene da prandelli, quando ha evidenziato che l’italia è un paese vecchio e che dovrebbe prendere esempio dalla sua nazionale (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/02/%E2%80%9Csiamo-paese-vecchio-abbiamo-idee-e-modalita-vecchie-parola-di-cesare-prandelli/281152/), fatta di giovincelli viziati che guadagnano fior di milioni solo per correre dietro una palla e, per di più, qualcuno di loro, non pago dei milioni di euro di ingaggio, incassa anche il compenso per aver truccato partite. Quindi, nel momento in cui dice che si dovrebbe cambiare mentalità, questo cambiamento dovrebbe toccare tutti, a cominciare dalle differenze sociali che non trovano una giustificazione razionale: perché un allenatore di calcio dovrebbe guadagnare più di un ricercatore universitario? Allora, per cambiare questa maledetta mentalità, si dovrebbe cominciare a redistribuire la ricchezza, mettendo tetti salariali a chi guadagna troppo, ad esempio calciatori ed allenatori, per destinare una parte di tali guadagni ad altri settori meno fortunati. Prandelli è d’accordo? Non credo, perché il vero problema del nostro paese, come anche degli americani, è che quando si toccano gli interessi personali dei ricchi, il sistema reagisce per evitare il cambiamento. Così, ad esempio. è stato per le pensioni d’oro: il governo del banchiere ha detto no ad un emendamento che poneva un tetto massimo di 6.000 euro per le pensioni, con un risparmio per lo stato di 2,3 miliardi. Ma nel governo ci sono troppi, tra ministri e sottosegretari, che hanno una pensione ben maggiore, per cui la norma non è passata (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/02/pubblica-amministrazione-ecco-perche-non-passa-il-tetto-alle-pensioni/280708/). Sì, perché a parole e chiacchiere tutti sono bravi, poi quando si va a colpire il proprio orticello inizia la reazione. E’ così negli stati uniti, dove i super ricchi pagano meno tasse dei poveri, e guai a toccarli, i repubblicani non lo consentirebbero mai! Così è nel mondo del calcio, dove il real madrid, nonostante sia una società spagnola e la spagna sia in forte crisi economica, continua con le faraoniche campagne di acquisto di calciatori, assicurando loro ingaggi stellari a discapito delle banche, che poi vengono ricapitalizzate con i soldi dei cittadini europei. Insomma, il vero male italiano è l’interessocrazia, la tutela dei privilegi dei pochi a discapito della popolazione. Ma a ben vedere questo è un problema transazionale, sicché che il washington post venga a redarguirci mi sembra davvero il massimo: guardasse in casa propria, dove fino a prima di obama nemmeno si assicuravano le cure essenziali ai poveri! Guardasse nel proprio mondo anche prandelli, perché di predicatori sulla pelle degli altri ne abbiamo piene le tasche e non solo…

Ecco chi ci guadagna dalla crisi!


Il sistema occidentale è in crisi? i governi impongono misure di rigore, chiedendo sacrifici ai cittadini? Le aziende licenziano e la cassa integrazione è all’ordine del giorno? Eppure c’è chi della crisi non ne risente: i manager delle grandi multinazionali quotate a wall street (http://www.repubblica.it/economia/finanza/2012/06/18/news/nessuna_crisi_per_gli_stipendi_di_wall_street_tra_i_big_anche_lamberto_il_figlio_di_andreotti-37461232/?ref=HRER2-1). Guarda caso, gli unici che continuano ad arricchirsi senza pudore sono i capi di quelle imprese che, pur di fare profitto, non si fanno scrupoli a passare sopra tutto e tutti, negando diritti e schiavizzando anche i bambini. Così la apple, che massacra i lavoratori delle aziende cinesi di assemblaggio dei tablet, spingendoli al suicidio (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/26/suicidi-nella-fabbrica-apple-cina/186730/), ha elargito a tim cook 377.996.537 dollari, ed oracle, che licenzia in Italia i lavoratori per ristrutturazione aziendale (http://punto-informatico.it/2587097/PI/Brevi/oracle-lavoratori-sciopero.aspx), ha pagato larry ellison 77.556.015 dollari. Gli stipendi dei supermanager nell’ultimo anno sono aumentati del 5%, mentre la povertà nei paesi occidentali è lievitata notevolmente (http://www.blitzquotidiano.it/economia/usa-crisi-poverta-a-new-york-mai-cosi-alta-dal-2005-1196015/). E’ un caso? E’ un caso che le borse sono in picchiata e che i manager delle imprese quotate nelle stesse sono sempre più ricchi? E’ evidente che la corsa al profitto è la causa del male dei nostri tempi. Matematicamente non c’è altra alternativa: se la ricchezza complessiva resta invariata e qualcuno aumenta i propri averi, qualcun altro dovrà diminuirli. E’ il classico sistema dei vasi comunicanti. Solo che per uno che aumenta la propria ricchezza se ne impoveriscono centinaia di migliaia! L’unica soluzione dunque non può che passare attraverso la modifica radicale di questo sistema imperniato sul profitto e la corsa al benessere individuale, per realizzare un mondo equo, dove la forbice tra ricchi e poveri deve assolutamente ridursi, mediante la riduzione drastica degli stipendi di questi signori. Basti pensare che se cook guadagnasse 300.000.000 di dollari in un anno, ne rimarrebbero altri 77.996.537 per pagare uno stipendio annuele di 25.000 dollari a circa 3000 persone! Basta fare un calcolo matematico per comprendere come si potrebbe ridurre notevolmente la povertà nel mondo, semplicemente ponendo un tetto agli stipendi di questi manager e reinvestendo la restante parte nell’assunzione di lavoratori! Ma come si può chiedere sacrifici al 99% della popolazione, lasciando sempre intatti coloro che di sacrifici ne potrebbero fare tanti? Solo la redistribuzione delle ricchezze potrà tirarci fuori da questa situazione, ma fin quando gli stati saranno governati da politici o tecnici espressione degli stessi poteri forti che posseggono la totalità della ricchezza mondiale, non se ne caverà un ragno dal buco! La matematica non è un’opinione…

Il sangue scorre sui poteri forti

3 Maggio 2012 1 commento

La mattanza!

La mattanza!

La lista si allunga, ogni giorno di più: l’ultimo è Gianni Merlo, nel trevigiano, che ha seguito di un giorno Alfonso Salzano (nel casertano) e Luciano Di Fazio, di Catania (“Lavoro, nuovo suicidio nel Trevigiano” da http://www.liberoquotidiano.it  )! Continuano i suicidi di lavoratori e piccoli imprenditori, stremati e disperati per la mancanza di futuro proprio e dei loro figli. I poteri forti, le lobbies che hanno inscenato la crisi per specularci ed aumentare i loro profitti sono gli istigatori. Dovrebbero portarsi sulla coscienza i gesti eclatanti e tristi di coloro che non resistono, se solo ce l’avessero una coscienza! Ma sappiamo tutti che così non è, perché l’unica cosa che riesce a smuoverli è il dio denaro, il profitto. Più guadagnano, più vogliono guadagnare, per ostentare e credersi i padroni del mondo! Non importa se il 99% della popolazione si impoverisce ogni giorno di più, se gran parte di questa non riesce a vivere una vita dignitosa: il mondo è un gran business, una ruota panoramica sulla quale sale solo chi riesce ad entrare nel “giro” che conta della finanza che specula sulla pelle degli altri. Costoro hanno vita facile perché ormai riescono a comprare tutto: politici, magistrati, funzionari, forze dell’ordine, giornalisti. In alcuni paesi addirittura hanno preso in mano direttamente le redini del comando, uscendo allo scoperto. Monti il bocconiano, che è un loro uomo, ha tassato tutti, tranne le banche che l’hanno messo lì a tutelare i loro interessi. E allora, anziché fare una mega patrimoniale, unico modo per stanare i veri evasori, reintroduce la tassa sulla prima casa! Anziché diminuire la pressione fiscale sui piccoli imprenditori, che hanno da sempre costituito il tessuto forte del nostro paese, ha aumentato i controlli fiscali su tutti! Anziché tagliare i privilegi dei pochi, continua ad abbattere la scure sul welfere. Tanto ciò che conta è far diminuire lo spraed con i bund tedeschi, far lievitare gli indici di borsa e chisenefrega se questo rigore implica qualche perdita tra la popolazione: è solo un piccolo prezzo da pagare per consentire ai poteri forti di mantenere la propria posizione dominante! Ecco perché occorre ancor di più resistere! Bisogna farlo per chi non ci è riuscito, per chi è stato ucciso da questo sistema ingrato, nel quale il profitto conta più di una vita umana, dove il denaro è diventato il bene più prezioso, da difendere ad ogni costo, anche affamando il 99% della popolazione!

Ma di che parliamo?

26 aprile 2012 1 commento

Le auto blu salveranno il paese

Le auto blu salveranno il paese

Un pensionato su due prende meno di mille euro al mese, che equivale a dire che fa la fame! I piccoli imprenditori che si suicidano o tentano di farlo! L’italia è tra i paesi dell’ocse con i salari più bassi ma con la tassazione sul lavoro più alta! E il governo dei rigorosi banchieri cosa fa? Un bando per l’acquisto di 400 nuove auto blu (“Monti compra 400 auto blu” dal sito de “l’Espresso” )! Ma allora, di che stiamo parlando? Questa è l’ennesima dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, che il governo dei rigorosi banchieri vuol salvare l’italia tartassando i cittadini onesti per foraggiare la politica di sprechi che ha contraddistinto gli ultimi 30 anni di repubblica. Poi il presidentissimo napolitano critica la demagogia e il populismo, dicendo che senza i partiti non si andrebbe da nessuna parte ( ‘Napolitano: “Partiti indispensabili il Paese dica no ai demagoghi” ‘ dal sito di “La Repubblica”)! Ovvio che dica così, senza i partiti politici lui come avrebbe fatto carriera? Allora viva il populismo e la demagogia, se sono in grado di portarci aria nuova, fatta di giovani e gente comune, priva di retaggi partitici! La verità è che il sistema è completamente marcio, perché continua imperterrito ad incidere sulla povera gente, salvaguardando i privilegi dei potenti. Politici o tecnici, quindi, nulla cambia, ammazza ammazza so tutti na razza…

Atene brucia

14 febbraio 2012 Lascia un commento

Grecia - alla fame ma con tanti carrarmati!

Grecia - alla fame ma con tanti carrarmati!

Tutti conosciamo ormai la situazione della più antica democrazia del mondo. La crisi che attanaglia lo stato a noi vicino e le richieste della fantomatica troika che, in cambio di finanziamenti, chiede pseudo-riforme che, in soldoni, si traducono, come al solito, in tagli a danno della popolazione. Però poi si  scava nelle notizie e ci si imbatte in articoli da cui risulta che quest’anno la Grecia aumenterà le proprie spese militari del 18% rispetto al 2011 e che, in proporzione, è il secondo stato al mondo, dopo gli imperialisti americani, per spese militari (leggi l’articolo sul “Corriere della Sera”). E la cosa ancor più eclatante è che gli stati che ci guadagnano da tale corsa agli armamenti della Grecia sono, guarda caso, germania e francia, ossia proprio quelli che più di altri minacciano la Gracia di non fornire i finanziamenti di cui ha bisogno se non approva manovre draconiane che rendono alla fame la popolazione! In altri termini, germania e francia per rimpinguare le loro casse e quelle delle loro imprese belliche costringono la Grecia a comprare carri armati e fregate per miliardi di euro, per poi chiederle di licenziare 15.000 dipendenti pubblici e di azzerare la spesa sociale perché la Grecia non sarebbe in grado di sostenerle! Ma a che gioco stanno giocando merkel e sarkozy? A quello della tutela della lobby delle imprese belliche a danno della popolazione greca? Sembra proprio di sì, perché se davvero lo scopo fosse quello, sbandierato, di salvare la Grecia, la prima richiesta che dovrebbe pervenire al governo greco sarebbe di azzerare non la spesa sociale, ma quella militare! La Grecia del resto non è in guerra, né pare ci siano previsioni di interventi militari nella zona. La Grecia è invece in fiamme per la rabbia della popolazionhe sempre più stremata da interventi incivili a tutela degli interessi economici delle grandi potenze occidentali, che come al solito se ne sbattono dei diritti e della dignità della gente pur di soddisfare le pretese delle lobbies che muovono i fili della politica mondiale. Brucia Atene brucia, che tra poco il fantoccio papademos saprà finalmente cosa fasene dei panzer acquistati da francesi e tedeschi!

L’isola dei potenti


Goldman Sachs, la banca della speculazione finanziaria per eccellenza, ha accantonato 12,22 miliardi di dollari nel 2011 per compensi e benefit dei dipendenti. Milioni di dollari di benefit andranno in particolare ai dirigenti, mentre il mondo, anche quello occidentale, è sempre più povero. E’ noto, del resto, che circa il 40% della ricchezza mondiale è nelle mani dell’1% della popolazione: ecco il motivo della crisi! Pochi che si arricchiscono sempre di più, vivendo nel lusso e nell’agiatezza, e un numero crescente di persone che entrano in povertà.Visto che è già un dato di fatto, io proporrei la secessione dei potenti: doniamo loro un’intera isola della terra dove potersi ritirare a vita privata. Poi addobberemmo l’isola con ogni tipo di sfarzo, ci cotruiremmo casinò e pista per aerei privati, elimineremmo tasse e rispetto per il bene comune: insomma, daremmo loro tutto ciò che possono desiderare dalla vita, liberandoli dall’imbarazzo della presenza degli uomini “comuni”, che cercano di dare dignità alla propria esistenza con il lavoro, e degli ultimi, troppo sfigati per avere rilevanza. Poi li lasciaremmo marcire nel loro mondo fino a quando morte non arrivi (sì, perchè almeno la vita non si può comprare!). In questo modo vivranno da nababbi, ma, finalmente, ce li toglieremmo dai coglioni e potremmo realizzare una società diversa, equa e solidale, magari imperfetta ma almeno vivibile per tutti. Perché La  il vero male della nostra società è la iniqua distribuzione delle ricchezze. L’unico vero strumento di modifica della condizione attuale è la redistrubuzione della ricchezza. Eppure i governi intervengono su tutto, ma non sul vero problema: tagliano le pensioni, riducono il welfere, cancellano la sanità, massacrano l’istruzione, ma non fanno nulla per equilibrare la ricchezza mondiale. Ma non ci si può aspettare che una decisione così estrema e penalizzante per i poteri forti possa essere assunta da chi ne è l’espressione esecutiva! Basta subire, allora, le angherie dei pochi che hanno costruito il loro potere sul profitto e lo sfruttamento, lobotomizzando i popoli con la speranza del benessere e il sogno del consumismo!!! Un mondo diverso è possibile soltanto partendo dal basso, isolando coloro che ci stanno infinocchiando.

Politic(ant)i bipartisanamente pezzenti e spregevoli


vitalizi dei parlamentari in europa

vitalizi dei parlamentari in europa

Che il vocabolo dignità non sia presente nel dizionario dei governanti del belpaese è circostanza ormai nota a tutti. Che fossero anche degli straccioni è invece la novità che hanno tirato fuori dal cilindro negli ultimi tempi. La Commissione Giovannini ha concluso l’analisi comparativa degli stipendi dei parlamentari italiani con quelli della media europea con un risultato impressionante: in Italia i parlamentari guadagnano non di più, ma molto di più dei colleghi tedeschi e francesi e, soprattutto, 5 volte di più rispetto a quelli spagnoli! Eppure sono loro che ci hanno condotto in una situazione economica addirittura peggiore della Spagna! Non appena è stato reso noto lo studio, come era lecito aspettarsi, è inziato il coro bipartisan a difesa dei propri privilegi. La situazione sarebbe ben diversa, perché i poveri parlamentrari italiani guadagnerebbero solo 5.000 euro netti al mese! Gli altri 15.000 euro andrebbero in contributi, spese per i portaborse etc. Al di là della veridicità delle affermazioni, ciò che impressiona maggiormente è la immediata levata di scudi da parte di tutti i parlamentari, di ogni schieramento, a sostegno dei privilegi. L’unità di intenti riescono a raggiungerla soltanto quando c’è da proteggersi! Dapprima il banchiere Monti aveva stabilito la scadenza del 31 dicembre 2011 perché il parlamento intervenisse sulla questione e tutti a dargli addosso perché, essendo autoreferenziali, avrebbero dovuto loro procedere alle riduzioni. Adesso che la Commissione ha concluso i lavori, i risultati sarebbero non conformi alla realtà, perché tra un po’ i nostri politicanti si sposteranno sotto i ponti del Tevere per dormire. Ovviamente i partiti non hanno tardato a riprendere il noto giochetto dell’antipolitica con il quale bollano tutti i tentativi di razionalizzare il sistema: quando fanno i loro porci interessi parlano di politica, quando si chiede di toccare i loro insostenibili privilegi spunta l’antipolitica. Eppure una tale unità di intenti dei parlamentari non si vede quando si tratta di tutelare il popolo che li ha eletti. Qualcuno ha visto i leghisti e i democratici prendere posizione netta sul contrasto alla discoccupazione che  a partire dal 2009 ha determinato un aumento vertiginoso dei suicidiper ragioni economiche (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2012/01/03/visualizza_new.html_20340086.html)? Ma purtoppo, non soltanto i parlamentari italiani non sanno cosa sia la dignità, ma meritano per davvero di finire al rogo per la loro pezzenteria e il loro disprezzo per la collettività che dovrebbero invece tutelare.

Paese vigliacco

3 gennaio 2012 1 commento

il futuro

il futuro

La prima forma di Stato moderno è stata lo “Stato assoluto”, caratterizzato dall’accentramento del potere nelle mani del re e l’unificazione territoriale, in opposizione allo Stato feudale. Dallo Stato assoluto si è passati poi allo Stato Democratico, nel quale la forma di governo prevede che la sovranità spetta al popolo che la esercita mediante i suoi rappresentanti liberamente eletti. L’ulteriore evoluzione vede lo Stato Democratico diventare stato del benessere o stato sociale, con lo scopo di garantire il benessere dei cittadini da cui gli deriva il consenso e la legittimazione. Uno stato, dunque, nel quale la collettività dovrebbe prevalere sul particolarismo, nel quale il bene comune dovrebbe rappresentare il fine ultimo che sovrasta l’interesse del singolo. Uno Stato, insomma, che, mediante i governanti liberamente scelti dai cittadini, dovrebbe tutelare gli stessi contro quei poteri diretti a realizzare l’interesse dei pochi. Purtroppo, però, la evoluzione descritta è rimasta pura teoria, perché lo stato del benessere o stato sociale è ben lontano dal venire. Oggi, infatti, l’interesse dei pochi prevale su quello della collettività. L’Italia è l’emblema dell’interessocrazia che nel tempo ha preso il posto dello stato assoluto, travestendosi sotto le mentite spoglie dello stato sociale. Il meccanismo distorto della libertà di voto, che viene usato per contrabbandare una democrazia inesistente, porta i poteri forti a controllare lo stato, attraverso il controllo delle elezioni. Ed ecco che lo Stato, per forza di cose, si fa forte con i deboli e resta debole con i forti. Quando poi la difesa dei poteri forti diviene complessa perché all’orizzonte si affaccia un tentativo di risveglio dei cittadini, i poteri forti bypassano anche l’apparenza delle elezioni, per mettere a capo dello stato un loro fedele servitore, il quale, proteggendosi con la scusa della crisi, dà bastonate che non finiscono mai. Le bastonate, però, vanno sempre ai deboli, ossia a coloro che non possono capovolgere la situazione! E allora giù con i tagli alle pensioni, con l’aumento delle tasse, l’aumento della benzina etc. Ed invece nessun intervento su banche, compagnie assicurative e rendite finanziarie! Ancor più emblematico il caso delle liberalizzazioni: l’unica fatta è quella che non serve a nessuno se non ai poteri forti! I negozianti sono liberi di tenere aperti i negozi anche di notte: ma se il cittadino comune, vessato da tasse e aumenti continui, non può comprare di giorno, perchè mai dovrebbe spendere di notte? Anzi, non soltanto appare puerile e semplicistico il piano attuato dal governo dei professori, ma leggendo bene tra le righe, esso non fa altro che offrire un ulteriore dono natalizio ai grandi poteri, quelli della grande distribuzione, che in questo modo potranno finalmente accaparrarsi l’intera clientela che magari, lavorando durante la settimana, deciderà di spendere solo la domenica. Ma la domenica il piccolo negoziante non sarà in grado di restare aperto, perché non può pagare gli straordinari ai dipendenti, e verrà quidni tagliato fuori dal mercato! Ed ecco, allora, che si susseguono i suicidi dei piccoli imprenditori, che non riescono più a portare avanti la propria attività, con l’obbligo di licenziare i dipendenti. E che dire dei privilegi dei politici? Il professore ne ha toccato almeno uno? Certo che no! Loro sono vigliacchi come il paese che dovrebbero governare: basta sostenere i forti, tanto i deboli non fanno notizia, soprattutto in uno stato dove non c’è un animo rivoluzionario!

Corsi e ricorsi

30 dicembre 2011 1 commento

Crisi

Crisi

Le crisi economiche sono endemiche al sistema capitalistico e consumistico. Si potrebbe citare la crisi dei banchieri fiorentini del 1340-1350, la bolla olandese dei tulipani del 1637, le crisi dell’800, fino alla grande e nota depressione del 1929, per arrivare ai giorni nostri con il 1992-1993 e l’attuale crisi finanziaria iniziata con i sub-prime. Tutte hanno un filo conduttore comune, ossia il bisogno di profitto e la specualzione quale strumento di arricchimento. Del resto, l’economia è un settore che nel sistema capitalistico tende a staccarsi dalla realtà per porsi in una sorta di mondo virtuale, come campo a sé stante nel quale si cerca di moltipolicare il denaro esistente. Ma è evidente, anche a chi non è un esperto di economia, che un sistema del genere non è in grado di reggere: se l’albero produce una mela, io posso vendere quella mela o posso mangiarla, ma non posso moltiplicarla, se non rendendola virtuale, ossia vendendola ad un prezzo e ricomprandola ad un costo minore, per poi rivenderla ad un prezzo maggiore. E’ quello che accade nel sistema capitalistico: se produco un bene e lo vendo ad un certo prezzo che tenga conto dei costi di produzione con un margine di realizzo, allora avrò un guadagno che potrò utilizzare per investirlo in un macchinario oppure per aumentare il capitale sociale. Se invece, emetto titoli per farli acquistare da terzi, il cui costo è determinato sulla base di valutazioni bilancistiche, e poi questi titoli vengono regolamentati in un mercato proprio, autoreferenziale, staccato dalla realtà produttiva, quel titolo potrà essere acquistato e rivenduto dagli speculatori per lucrare la differenza e tale guadagno sarà slegato dalla produzione di un bene di utilità sociale. E soprattutto le imprese saranno soggette alla fluttuazione di tale mercato che può dipendere da tante variabili non prevedibili. Allora, considerando le esperienze passate, l’unico modo per evitare il ricorso storico della crisi economica è di cambiare il sistema, legando indissolubilmente la ricchezza alla economia reale, ossia alla produzione di beni di utilità sociale e ponendo quale obbiettivo principale non più il profitto, ma la qualità e la dignità della vita umana. In questo modo, non soltanto si eviterà la speculazione, ma anche la sproporzione delle ricchezze, perchè la qualità della vita non dipende da quanto denaro si ha, ma dai servizi che si possono ricevere dalla comunità, la quale, non essendo più il profitto l’obbiettivo principale, avrà a disposizione quanto necessario per offrirli. Insomma, è necessario un ripensamento del modello sociale che ci propinano i pochi grandi capitalisti. Ciò che deve importare non è il lusso e la sete di denaro, che porta con sé corruzione, guerre e criminalità, ma la felicità e la dignità della propria vita e di quella della intera collettività, fatta di poche cose fondamentali.

Lo squilibrio ingiustificato

29 novembre 2011 Lascia un commento

Soldi

Soldi!!!

I manager delle imprese pubbliche sono un’altra anomalia del sistema. Sono sempre espressione di qualche lobby politica che li inseriscono nei posti di comando delle partecipate ed hanno uno stipendio annuo di centinaia di migliaia di euro. Poi si legge che in un periodo di crisi come questo, si attribuiscono anche il premio produzione, che, da solo, è superiore allo stipendio del lavoratore dipendente. Così a Napoli, una delle città peggio messe in quanto a qualità del servizio di trasporto pubblico, succede che l’Anm taglia il personale di 300 unità, conseguentemente sopprimendo corse e offendo un servizio sempre più carente, ma i manager si assegnano, oltre agli stipendi lauti, anche «premi di produzione». Su otto dirigenti che guadagnano complessivamente un milione e 240mila euro, tre direttori da soli portano a casa 559mila e 453mila euro, ai quali vanno aggiunti, appunto, altri 92mila di premio produzione per arrivare in totale a 651mila 453 (http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=171461&sez=NAPOLI). Se si vanno a guardare i numeri nello specifico, il top manager Renato Muratore, che ha uno stipendio di 220.740 euro all’anno, dovrebbe ricevere un premio di 36.147 euro; Fabrizio Cicala, direttore dell’area tecnica amministrativa, con stipendio annuale di 171.215 euro, dovrebbe ricevere un premio produzione di 25.066 euro, e Alfonso Trotta, direttore amministrativo personale, con stipendio annuo di 166.600 euro, meriterebbe un premio di 31.685 euro. Con i soli premi si potrebbe pagare lo stipendio annuale di almeno 7 dipendenti “normali”, evitando così di mettere 7 famiglie sul lastrico. Se poi gli stipendi annuali venissero ridotti a retribuzioni dignitose, ad esempio 50.000 euro all’anno, si potrebbero salvare anche le altre 300 famiglie che si rischia di mandare in mezzo ad una strada! Risultato? Maggiore occupazione e certezza che i posti di responsabilità verrebbero occupati non per mero profitto, ma con la volontà di servire la collettività! Ecco il vero problema dunque: lo squilibrio tra gli stipendi dei manager e quello dei dipendenti. Perché un autista di autobus, che svolge un lavoro usurante, deve guadagnare circa 16 o 18.000 euro all’anno ed un manager 220.000? Eppure l’autista di autobus è quello che fa funzionare il mezzo di trasporto e, in più, è costretto a sorbirsi gli improperi degli utenti per disservizi e carenze causate dai manager… Insomma, lo squilibrio degli stipendi è assolutamente ingiustificato! Si vuol superare la crisi? Bene, si cominci a metter mano a tale squilibrio, riducendolo drasticamente. Cosa giustifica questa sproporzione? Il titolo di studio? Certo che no, visto che non mancano netturbini laureati che non vengono pagati più degli altri soltanto perché laureati. La posizione di responsabilità? Certo che no, visto che se il servizio non funziona i manager non pagano di tasca propria. La verità obiettiva è che le imprese partecipate dal pubblico dovrebbero fornire un servizio alla collettività e chi viene chiamato a dirigere queste imprese dovrebbe essere gratificato dal servizio reso e non dallo stipendio, sicché una paga più che dignitosa potrebbe bastare! Senza voler poi rischiare di sfociare nella demagogia e nel populismo, è alquanto inutile ricordare che questi soggetti occupano posizioni di vertice solo grazie a manovre ed aderenze politiche. Si vuol risolvere la crisi? Allora non servono manovre lacrime e sangue, con nuove tasse, ma occorre seguire una logica nuova: EQUITA’ e SERVIZIO PUBBLICO!

Categorie:politica, società Tag:, ,